Dopo il risultato dei referendum molti si pongono le stesse domande su cosa è accaduto veramente e quanto impatto ha avuto la rete. Probabilmente il titolo di questo testo non è adeguato ed era più consono uno del tipo “anche tu sei un cyber attivista”, oppure “anch’io sono un cyber attivista”, perché sono arrivato nei primi dieci attivisti del web per la campagna anti nucleare di Greenpeace, ma tutto sommato questo approccio lo considero puro narcisismo e mancanza di riconoscimento per tutte le persone che hanno contribuito al sorprendente risultato che si è concretizzato nelle urne.
Come avrete notato durante la campagna nel sito non ho mai inserito riferimenti per spingere ad andare a votare e quindi risulterebbe alquanto strano farlo a giochi finiti, alcune persone hanno pensano che mi sia aiutato con le conoscenze tecniche e che adesso vi sveli qualche trucco sul come variare le votazioni elettroniche, nulla di più distante dalla realtà, ammetto il vantaggio rispetto ad altri perché ho sempre sostenuto le energie alternative al nucleare ed il completo abbandono di questa tecnologia e tutte le iniziative che mi hanno visto partecipe in tempi non sospetti alla vista di chi mi conosce da un senso di autorevolezza sul tema, inoltre sono un profondo conoscitore della rete, il che non significa solo tecnicamente, infatti lo scopo di questo testo è quello di far riflettere sulla dimensione sociale e non sul piano tecnico applicativo e alla fine ognuno si renderà conto di essere un cyber attivista.
Le tecniche e le tecnologie si evolvono e cambiano anche radicalmente, mentre le persone si organizzano in base a criteri che potremmo considerare universali e il cyberspazio va considerato in questo universo come un sistema complesso con la sua logica non lineare. Molti tecnici della rete, nella realizzazione di strumenti o gestione delle comunicazioni tende a sottovalutare la dimensione umana e sociale, procede a tentoni o ricalcando servizi che funzionano, in alternativa si passa dall’estrema notorietà o il fallimento.
Prima di tutto cerchiamo di comprendere le motivazioni che spingono le persone ad attivarsi e tenendo conto delle varie teorie possiamo identificare due macro categorie delle motivazioni.
Motivazioni primarie, legate a bisogni fisiologici come la fame, sete, sessualità, esplorazione e accudimento, e cosi facendo possiamo definire secondarie quelle di natura più sociale, culturale e di auto realizzativa. Ovviamente, senza appagamento dei bisogni fisiologici non c’è materialmente lo spazio per bisogni e motivazioni più complesse ma nel nostro caso sono le motivazioni secondarie quelle che ci interessano e ci caratterizzano come umani e con le quali ci si confronta nel cyberspazio.
Le motivazioni legate al concetto di bisogno fisiologico come causa e fine, di ogni spinta del comportamento derivante possiamo evitare d’approfondirle, perché in questa prospettiva la motivazione consiste nella riconquista di uno stato di equilibrio fisiologico a fronte di una alterazione degli equilibri, quindi tralasciamo l’argomento ma ricordate che non bisogna sottovalutare questa motivazione quando si interagisce con altri nella rete.
Le motivazioni secondarie appartengono ad un punto di vista più relazionale e sociale, ed in questo caso si deve considerare l’uomo non solo come un sistema biologico con i suoi equilibri ma come un essere cognitivo che ha bisogno di stimolazione e della possibilità di esplorare e modificare il mondo che lo circonda, di autostima e auto realizzazione. Nessuno nega la priorità dei bisogni fisiologici e della loro capacità di produrre motivazioni, ma al di sopra delle motivazioni fisiologiche poggia una sovrastruttura emotiva e cognitiva più complessa non riducibile a logiche lineari del comportamento come causa ed effetto, stimolo e risposta.
La fredda analisi o la ricerca d’interpretazione delle motivazione troppo riduttiva paga il prezzo di non saper spiegare la complessità di comportamenti tipici dell’uomo come soggetto sociale, culturale, in certi casi a parità di stimolo o di privazione non si possono valutare in modo univoco i molteplici comportamenti, ovviamente, giocano un grosso ruolo le influenze di natura culturale e sociale, che arricchisco e complicano ulteriormente lo scenario. Possiamo però affermare che la posizione ottimale è quella che tiene conto di più fattori in simultanea, poi in base alla necessità pratica si fa prevalere di volta in volta una prospettiva ribadendone la parzialità rispetto alla visione globale.
Prima di proseguire, è importante soffermarci un attimo sul tema della frustrazione che se ben sfruttata può avere un’utile ricaduta pratica nel cyberspazio. La frustrazione è uno stato sgradevole che se protratto può portare all’annichilimento, dovuto all’impossibilità di soddisfare un bisogno o l’incapacità di uscire da una condizione che limita la libertà di scelta e comportamento. La conoscenza sui meccanismi della frustrazione giocano un ruolo nel momento in cui consideriamo il fatto che una delle principali soluzioni è la sublimazione cioè la sostituzione della meta che risolverebbe il nostro stato di frustrazione con un altro scopo, questo non è nient’altro che il compromesso per difendersi dalla frustrazione stessa. Quindi possiamo evidenziare che a volte la necessità di entrare in un gruppo nel cyberspazio nasca proprio dalla necessità di risolvere uno stato di inefficienza, d’impossibilità o di limite che delude i potenziali utenti nei loro campi di interesse, ancora più importante è capire che il modo e lo stile nell’uso della rete da parte degli utenti può essere sostenuto non solo da un limpida ed esplicita motivazione ma anche da processi di sublimazione che possono avere un ruolo non indifferente nell’alimentare la partecipazione e la produzione di contenuti e attività.
Passiamo quindi a parlare dell’attivismo, che nel cyberspazio il rapporto tra motivazione e azione è molto più netta ed è quasi completamente scollegata con la realtà, questa distinzione è importante e può aiutarci a capire il passaggio fra i motivi e la spinta all’azione.
Dentro il cyberspazio tutto è amplificato e nello stesso tempo disperso, spesso le attività estrinsecamente motivate sono il fattore che consentono ad una rete sociale di acquisire natura esponenziale e quindi diffondersi molto rapidamente, cosa diversa per il concetto più noto della viralità che possiamo consideralo più attinente con attività intrinsecamente motivate, ciò può portare che la motivazione intrinseca venga degradata dal subentrare di una estrinseca e che la ricompensa esterna all’attività produca una sensazione di controllo contrapposta a quella di libertà della attività. La differenza dal virtuale e la vita reale, è che fuori dal cyberspazio sono molto rare le attività puramente intrinseche o estrinseche in quanto tutto è inserito in processi, dinamiche relazionali, contesti sociali e culturali ben definiti.
Arrivati a questo punto entra in gioco il come far leva su il più possibile delle persone, di norma difficilmente agganciabili nel tentativo di alimentate il circolo virtuoso di partecipazione e produzione del network, ma è molto importante sapere come funzionano, della loro presenza anche se poi di fatto si concretizzano all’interno del cyberspazio nella forma di pulsioni aggreganti.
Queste considerazioni potrebbero sollevare problemi etici, come, fare leva sulla competizione degli utenti, sul narcisismo o altro, in un certo modo può essere considerato uno sfruttamento delle debolezze umane, perché non si stanno aiutando le persone a stemperare la pulsione, ma si stimolano, è una obiezione sensata e va sicuramente considerata come fattore moderante l’abuso di dinamiche di questo genere, seppure nessun social network al momento si sia mai spinto così tanto oltre, fanno eccezione determinati forum dove la struttura libera può generare spirali distruttive ma ciò dipende soprattutto dalla natura libera dello strumento che fornisce carta bianca alla natura umana.
Gli stimoli aggreganti non sono facili da determinare, perché vanno di pari passo con i bisogni, una pulsione va sfruttata solamente se questo porta poi alla soluzione del bisogno, altrimenti rischia di compromettere l’applicazione stessa, che cambierà gli scopi per la sola inerzia sociale dei suoi utenti. Per questo motivo bisogna coniugare il bisogno funzionale con una o più pulsioni aggreganti in modo che la combinazione di questi due componenti porti ad una peculiare modalità di conversione della pulsione in soddisfazione del bisogno, è importante considerare come questo passaggio può essere differente per le tipologie di utenti. Un utente che produce materiale, non avrà le stesse motivazioni di quello che legge solamente, ma è soprattutto con le spinte aggreganti che si rende necessaria una certa riflessione sugli incoraggi.
Come già accennato all’inizio in questo testo l’intento è quello di fornire dei fondamenti teorici generali e non specifiche tecniche, può sembrare quasi un corso di psicologia ma in realtà è tratto da documenti per la progettazione della rete, ho cercato di coprire praticamente tutti gli utenti del cyberspazio, persone che si collegano per informarsi, commentare, conoscersi o altro, il bello della rete è proprio questo a volte un singolo può produrre attività superiore ad intere organizzazioni, chiudo inserendo le pulsioni aggreganti in macro gruppi che sono:
Competizione: con o contro/rappresentazione dello stato della competizione/livelli/riti;
Curiosità: novità/convergenze/imprevisti;
Appartenenza: punti in comune/solidarietà;
Narcisismo: visibilità/fiducia/opportunità.
Ricordate che il cyberspazio è composto da molte reti interconnesse e che è sempre in continua evoluzione, quindi conta molto la capacità di monitorare le dinamiche e la possibilità d’adattamento, in questo contesto il cyber attivista è un universo individuale, un esibizionismo espanso ed egoismo del proprio ruolo che si è scelto nel Cyberspazio, solo un tema forte può essere considerato valido per tutti e che quindi unisce fino alla meta.
Il cyber attivista non sta in gruppi ben definiti, o in una comunità con regole precise compiti e ruoli, ma vive dentro il Cyberspazio che non esiste nella realtà e non è strutturato, dove approdano ignari molti pseudo attivisti che si sentono liberi e non vedono perché non possono vedere oltre, in questi gruppi si ottiene credibilità solo decidendo, ma facendo finta che la decisione sia maturata dagli impulsi emotivi di una comunità virtuale, fino a quando il cyber attivista non viene eclissato dal gruppo stesso che crede di aver contribuito alla creazione del tema, ma che in realtà il suo livello d’attività è limitato alla riproposizione delle informazioni, ma in fin dei conti ogni singola persona del gruppo, potrà sempre affermare con orgoglio “anch’io sono un cyber attivista”