Dopo il grande successo elettorale del movimento si è avviata una vera caccia alle streghe, specialmente da parte di coloro che per mestiere dovrebbe fare informazioni.
IL FATTO ha lanciato l’inchiesta su internet e la democrazia elettronica, sono stato interpellato da un amico il quale mi ha chiesto se era possibile fornire qualche risposta per chi è a digiuno del movimento.
Riporto il testo dell’inchiesta
Gratta, gratta e scopri che nel Movimento 5 Stelle di internet c’è n’è molto meno di quello sembra: i comizi – da piazza Duomo a San Giovanni – si fanno in piazza, le riunioni in circoli privati, le scelte di discutono a voce, perfino le votazioni vengono impostate guardandosi negli occhi. “Non è che clicchi e diventi parlamentare. Sgombriamo il campo dagli equivoci”, spiega Alberto Magarelli, cyberattivista della rete di Grillo. Lui sa di cosa parla: in 90 mila persone lo seguono su internet e di mestiere fa direttore strutture di rete: “Internet è solo uno degli strumenti del Movimento, senza gli incontri e le discussioni dove si affrontano gli argomenti da trattare e si decide di persona non vai da nessuna parte”.
La procedura decisionale è semplice, continua Magarelli: chiunque può iscriversi in un gruppo di Meetup e proporre argomenti, conversare. Ma questo non lo trasforma del tutto in attivista. C’è la certificazione, con un documento di identità valido, e l’attività dal vivo, ossia gli incontri dove si discute quali siano le priorità: “Ci devi andare di persona. Online comunichi se aderisci o meno, così decidiamo se riunirci in una casa privata piuttosto che in una sala affittata. Qui prendiamo le decisioni: all’unanimità oppure con un sondaggio che sarà messo sulla rete”.
La cosa importante, sottolinea Magarelli, è che un gruppo può affrontare solo questioni all’altezza del gruppo, di portata ed efficacia locale. Solo se il tema viene discusso e condiviso da più gruppi può diventare un tema nazionale e sbarcare sul portale di Beppe Grillo: ”Molti pensano che le decisioni del movimento siano calate dall’alto, ma non è così. L’equivoco nasce dal fatto che siamo intangibili: siamo tanti gruppi frastagliati, disomogenei nelle forme del sito o nelle procedure di discussione e quindi la stampa non ci capisce, ma il metodo che applichiamo è sempre quello: ogni discussione deve sopravvivere a più livelli di sondaggio e confronto. Alla fine, in alto, c’è solo la sintesi”.
Una questione, quella della piramide di decisioni, che non è di lana caprina perché sul fronte delle decisioni online pesa come un macigno la questione attendibilità: il voto può essere manipolato e falsato. “Manipolato no – ribatte Magarelli -. La procedura che da gruppo in gruppo porta le questioni sul nazionale è frutto di dibattiti sul territorio di gente in carne ed ossa che si confronta e si conosce”. Lo stesso metodo sarà utilizzato per proporre la rosa di candidati alla presidenza della Repubblica: “Facciamo come gli altri partiti, la differenza è che gli altri lo fanno a tavolino in segreto, mentre noi lo facciamo tra i gruppi e poi portiamo tutto online, con tanto di discussioni e critiche”. Diversamente dalla scelta dei candidati, la scelta finale del Presidente tra più nomi, sarà una votazione online a tutti gli effetti: “Li, come accaduto con le parlamentarie, non posso mettere la mano sul fuoco”.
Sondaggi e voti online – infatti – sembrano idonei solo per piccole cose, piccoli gruppi, dove nessuno ha interesse a manipolarli perché quanto a sicurezza e attendibilità fanno acqua da tutte le parti. E la conferma è autorevole. Jeromil è l’hacker che ha prodotto “Forkbomb”, un virus in grado di paralizzare un computer in un programma di soli 13 caratteri ed è tra gli sviluppatori del liquid feedback, il software di democrazia online usato dai piraten tedeschi. E’ categorico: “No, non esiste un sondaggio o votazione ondine sicura. Nulla di più facile da violare”.
Jaromil spiega che persino l’idea del voto elettronico nei seggi è tramontato del tutto: troppo vulnerabile: “Qui in Olanda dove mi trovo, ci hanno provato nel 2007. Poi gli hacker gli hanno fatto notare quanto fossero facili da violare e sono tornati alle matite. Ci hanno provato anche in California, Canada, Inghilterra. Tutti fallimenti. La Diebold, azienda che produce i bancomat, ha ritirato tutte le macchine per votazioni”. Il compito che sentono di dover svolgere gli hacker è proprio quello: violare per mostrare la debolezza. Il responso è implacabile: “L’unico voto attendibile è quello espresso con carta e penna e scrutatore che controlla voto per voto, identità per identità. Il resto è fuffa, va bene per consultazioni tra amici, dove nessuno ha interesse a commettere violazioni”.
Dopo la chiacchierata è stata una bazzecola testare il sondaggio promosso da Viola Tesi che invita il Movimento 5 Stelle a scendere a patti con il Pd: pochi minuti per votare due volte usando lo stesso nome. Sono i voti 137.792 e 137.793 espressi dall’utente Voto Civetta: quella consultazione attivata sul sito Change,org, come per gli altri voti online, non è attendibile.